Preferiamo una felicità artificiale a quella genuina
Riconoscere ciò che concretamente ci rende “felice” è un lavoro duro e complesso. Molte volte, non sapendo da dove comincia la ricerca, preferiamo prendere spunto da altri, come il nomade digitale che lavora in infradito in una spiaggia caraibica o l’influencer che, pubblicando “video banali” (questo è quello che pensiamo, senza conoscere il duro lavoro dietro) conduce una vita economicamente gratificata.
Per quanto la felicità altrui è da noi tutti apprezzata, anche in forma parziale, ci sembra sempre così distante, pertanto, come disse Platone, “abbiamo la tendenza a privarci della felicità preferendo piccole gratificazioni.”
Le piccole gratificazioni sono spesso racchiuse in cose materiali, come l’ultimo modello di iPhone, l’auto dei sogni o attività generiche che aiutano a sfiammare la tensione della routine come una boccata di ossigeno.
In molti casi sentiamo la parola felicità associata alla crescita professionale, cosa che purtroppo devo ammettere di non condividere.
La ricerca della felicità è un viaggio introspettivo che non ha un percorso certo, bensì può variare raggiungendo mete diverse da quelle preventivate alla partenza. Questo perché, durante il viaggio, riceviamo sempre nuovi stimoli.
Infondo se ci pensi bene riusciamo a metabolizzare la nostra felicità sulla base delle esperienze vissute, sulle persone incontrate, sui pensieri avuti. Nel mio caso il viaggio è stato lungo e pieno di imprevisti. Ho camminato tanto, forse anche troppo, con la continua incertezza del percorso che stavo facendo.
Probabilmente è successo anche a te. In passato, per paura di fallire e ritrovarmi con il …. per terra, tendevo a prendere più strade contemporaneamente, adottando più lavori, scoprendo solo dopo quanta energia e tempo sprecavo. Ero così presente in tanti progetti che, in molti casi, perdevo l’orientamento ritrovandomi lontano dai risultati. Dalle aspettative.
Spesso promettevo a me stesso “quando raggiungi questo obiettivo potrai concederti quella cosa che desideri”. In realtà col passare degli anni compresi quanto sia deleterio porsi obiettivi troppo ambiziosi.
Procrastinare la felicità è l’errore più grave che abbia mai fatto ad oggi, mettendola spesso in secondo piano.
Non fraintendermi, porsi degli obiettivi professionali e pertanto economici è giusto, ma dobbiamo anche pianificare gli step da compiere per raggiungere la felicità, possibilmente in tempi brevi.
Non so quanto la mia esperienza personale possa aiutarti a fare chiarezza, però me lo auguro sinceramente. Ho dovuto privarmi di tutto per assaporare il piacere delle cose semplici e comprendere ciò che concretamente mi rende felice.
Sono partito nel 2019 con solo 1 zaino, 2 cambi di vestiti e le mie gambe, in cammino per 2 mesi, partendo dalla Francia e giungendo in Portogallo. Un viaggio da cui ho imparato molto, al quale dedico ogni giorno un pensiero. In certi momenti, se provo a chiudere gli occhi immaginandomi l’itinerario percorso, sento ancora il peso dello zaino sulle spalle.
I consigli che posso darti sono:
– Ogni tanto cambia la tua routine.
– Conosci persone nuove, ma soprattutto differenti da te.
– Identifica le tue comfort zone e cerca di allontanarti da esse; almeno per un breve periodo.
Non voglio tediarti con i miei racconti, al contrario, credo sia importante marcare quanto la genuina felicità debba essere nella vita di tutti noi lo scopo più importante, l’obiettivo più ambito. Non lasciamo che il lavoro abbia il controllo della nostra vita. Teniamo bene a mente che “dobbiamo lavorare per vivere e non vivere per lavorare”. Rompiamo le catene che ci rendono schiavi. Prendi il controllo della tua professione e trasformala in uno degli strumenti che ti permetterà di lavorare la tua terra, il tuo mondo.
Smettiamo di credere alle teorie stakanoviste come “trovati un lavoro che ti piaccia davvero e non lavorerai un solo giorno“. Ogni lavoro, anche quello più ludico e divertente, come viaggiare ed aiutare il prossimo, richiede impegno e testa.
Adesso, metabolizza cosa ti rende felice.